Genova - È di 470 in cinque anni, il numero di urti di navi contro banchine dei porti italiani o, in parte marginale, di navi battenti bandiera italiana nei porti esteri dal 2011 al primo trimestre del 2016. È quanto rileva uno studio, messo a punto dai giornalisti esperti di shipping Bruno Dardani e Massimiliano Grasso che lo hanno presentato a Genova. Lo studio, nella forma di un E-book e di un blog (www.portcrash.net), è anche una raccolta di filmati e fotografie relative ai casi più clamorosi. L’obiettivo è di spiegare perché urti e collisioni siano così frequenti, in porti che possono essere equiparati a giganteschi parcheggi di navi e che negli ultimi decenni sono diventati terribilmente stretti, compressi in specchi acquei spesso delimitati da banchine e moli progettati e realizzati secoli orsono e chiamati a ospitare navi di dimensioni sempre più grandi. Secondo il rapporto dell’European Maritime Safety Agency, nel quinquennio 2011-2014, il 42% degli incidenti che hanno visto coinvolte navi mercantili, traghetti, petroliere, bulk passeggeri è avvenuto in acque ristrette e specie nelle acque portuali. E probabilmente se venissero presi in considerazione gli incidenti «da parcheggio», la percentuale supererebbe abbondantemente la soglia del 50%. Introdotto da Luigi Merlo, consigliere del ministro dei Trasporti, e dall’ammiraglio Giovanni Pettorino (commissario dell’Autorità portuale di Genova) il tema dei port crash e delle limitazioni infrastrutturali con le quali devono confrontarsi i porti italiani, a oggi emarginati dai grandi traffici gestiti con navi giganti, è stato oggetto di un confronto al quale hanno partecipato l’assessore regionale ai Porti Edoardo Rixi il presidente di Assoporti, Pasqualino Monti, quello di Federagenti, Gian Enzo Duci, il presidente di Assiterminal, Marco Conforti e il consigliere di Confitarma, Roberto Martinoli.